Caltagirone,
al pari delle altre città della Sicilia orientale, colpita dal violento
terremoto dell'1 1 gennaio 1693, fu ridotta, in pochi secondi, ad un
cumulo di macerie che fecero circa mille vittime. Pure gli edifici sacri
e civili pití antichi ed imponenti furono atterrati interamente dall'immane
violenza del sisma. La ricostruzione di essi data agli ultimi anni del
'600 ed ai primi del '700. Ma diversi monumenti sacri, rimessi in piedi
affrettamente in tale ricostruzione, furono ulteriormente rimaneggiati,
se non addirittura rifatti di sana pianta in piú imponente architettura,
nella seconda metà del '700. £per questo che oggi la città, in diversi
sacri edifici, conserva assai poco anche della ricostruzione del primo
Settecento.
Il
teatrino con l'annesso Museo della Ceramica
Dalla stazione ferroviaria avviandoci al centro storico cittadino per
la principale arteria, la via Roma, si incontra a sinistra, affaciantesi
sul fianco orientale del lussureggiante Giardino Pubblico, il Teatrino,
pregevole opera architettonica del siracusano Natale Bonaiuto, costruita
nel 1792 come Belvedere. L incastonato di maioliche fornite dal maiolicaro
Ignazio Campoccia e dal plasticatore Angelo Mirasole. La parte superiore
del monumento, crollata nel 1862, è stata ricostruita di recente dalla
Soprintendenza ai Monumenti per la Sicilia Orientale e costituisce il
pronao del Museo Statale della Ceramica, a tergo recentemente costruitovi.
In detto Museo viene presentato il panorama completo dello svolgimento
storico della ceramica isolana, dalla preistoria al sec. XIX. Per la
prima volta ivi viene ampiamente e sistematicamente documentato il periodo
medioevale della ceramica siciliana, che ha fondamentale importanza
per la conoscenza delle origini della invetriatura piombifera e stannifera
in Italia.
Visita
al Museo
Il Museo Statale della Ceramica di Caltagirone (oggi passato sotto
l'amministrazione della Regione Siciliana) si articola come segue:
I - Sala della ceramica settecentesca e ottocentesca;
II - Sala della ceramica preistorica e protostorica, greca, siceliota
e bizantina;
III - Patio riservato ai modellini di forni medievali;
IV - Sala della ceramica medievale;
V - Sala della ceramica rinascimentale;
VI - Sala della ceramica secentesca e settecentesca;
VII - Salone riservato alla panoramica di tutta la maiolica siciliana
fino al secolo XIX.
In
particolare la prima sala, composta da diversi vani, presenta un vasto
panorama della maiolica caltagironese, principalmente dei secoli XVIII
e XIX. Nelle bacheche murali sono frammenti dei secoli XVI e XVII. La
seconda sala contiene ceramiche preistoriche provenienti da contrada
Angelo, da contrada Moschitta, da contrada Balchino, da contrada S.
Ippolito e da località al di là del Salso. Contiene inoltre la grande
tomba del Vsecolo a. C. rinvenuta in via Escuriales ed il chiusino tombale
in calcare con sfingi attergate e scena di danza funebre in rilievo,
trovato nella necreopoli di S. Mauro, databile al VI secolo a.C. La
stessa sala contiene pure ceramiche greche afigure nere e rosse, terrecotte
ellenistiche e vetri romani della Collezione Russo Perez di proprietà
della Regione Siciliana,- inoltre ceramicheprovenienti dalle contrade
Rocca, S. Luigi e S. Mauro nonchè vasellame in terracotta acromo di
epoca bizanti- na proveniente da contrada Piano Casazze. Particolare
importanza hanno il cratere siceliota con la scena del vasaio al lavoro
sotto la protezione di A tena e un rilievo in calcare con le sfingi
attergate del VI sec. a.C. Il terzo ambiente corrispondente al patio,
documenta, con modellini realizzati dal Prof. Antonino Ragona, due delle
quattro fornaci medievali rinvenute nel 1960 in Agrigento. La prima
fornace è di tipo musulmano, mentre l'altra del tipo in uso in epoca
angioino-aragonese. Nelle bacheche murali sono esposti materiali di
incasellamento rinvenuti nelle stessefornaci agrigentine, come pure
frammenti di vasellame dipinto ed invetriato delle fornaci medievali
di Sciacca, rinvenute nel'1971. La quarta sala è quella che offre un
ampio quadro della ceramica medievale siciliana. Vi sono esposte ceramiche
siculo-musulmane dei secoli X-XI-XII, nonchèceramiche dei secoli XIII,
XI Ve XV. Sono rappresentate lefabbriche di Siracusa, Agrigento, Caltagirone,
Gela. A sinistra entrando, nella parete protetta da vetro, sono i pregevoli
e rari stucchi di epoca normanna rinvenuti nella locale chiesa di S.
Giuliano. La quinta sala raccoglie una ricca documentazione di ceramiche
caltagironesi del secolo XVI, mentre la sesta sala mostra ceramiche
della stessa fabbrica dei secoli XVII e XVIII, principalmente costituite
da lavabi, acquasantiere e pavimenti. Questi ultimi trovano posto pure
all'esterno. Il settimo ambiente costituito dal grande salone, raccoglie
i pezzi rappresentativi di tutte le fabbriche siciliane: Palermo, Trapani,
Caltagirone, Sciacca, Burgio e Collesano. I prodotti delle fabbriche
caltagironesi sono presenti in tutte le articolazioni tecnico-artistiche
dei vari secoli, dalle ceramiche dipinte a quelle decorate plasticamente,-
da quelle a smalti bianchi a quelle a smalto turchino e a smalti marmorizzati
in bianco e manganese. In fondo allo stesso salone trovano pure posto
dei pannelli settecenteschi e ottocenteschi con immagini di Santi e
Madonne, nonchè le figurine in terracotta acroma e policroma del Bongiovanni
e dei Vaccaro. Di recente a primo piano sono stati raccolti motivi pavimentali
in bianco e blu di fabbriche caltagironesi del secolo XVII, nonchè pannelli
di fabbriche palermitane dei secoli XVIII e XIX. Uscendo dal Museo,
attraverso il Teatrino, si presenta di fronte il monumento ai caduti
della guerra 1915-1918, opera in bronzo dello scultore palermitano Antonio
Ugo. Proseguendo per la stessa via si incontra, a destra, la palazzina
Ventimiglia con la balconata ed il portale della terrazzina stessa in
elegante maiolica policroma settecentesca, opera del locale ceramista
Benedetto Ventimiglia.
Il
Giardino pubblíco
Vi si accede da via Roma e dal viale Maria Josè. Fu sistemato da G.B.Filippo
Basile nel 1850. Il disegno dell'ingresso della parte meridionale è
dell'architetto Michele Fragapane. Di recente detto ingresso è stato
portato sul viale anzidetto e collegato al giardino con un ponte e una
scala a doppia rampa disegnata dall'arch. Pietro Lo Jacono. Ivi trovano
posto pregevoli maioliche di Gianni Ballarò e Nicolò Barrano, ispirate
a temi agresti. L'ingresso principale è opera novecentesca in stile
liberty , al pari del vicino teatro Politeama, dell'architetto
caltagironese Saverio Fragapane. All'interno si trovano lungo i viali
vasi in terracotta plasticati dal Vaccaro Bongiovanni, maioliche di
Giuseppe Di Bartolo e terrecotte ornamentali di Gioacchino Ali e dei
Vella. Nella parte bassa ergesi una delle coppe della grandiosa fontana
dello scultore ed architetto fiorentino del sec. XVI, Camillo Camilliani,
opera rimasta incompleta e destinata originariamente ad altro luogo.
Nel piazzale principale è il moderno palco musicale in stile moresco
in cui hanno collaborato il geometra Salvatore Montalto e l'ing. Alberto
Novello per l'ardita realizzazione delle strutture in cemento armato,
e il prof. Antonino Ragona per il rivestimento in maiolica policroma
in stile moresco e l'aquila di coronamento. In detto palco è la seguente
scritta posta attorno all'abaco del secondo capitello dell'arcata che
sovrasta la scaletta di destra: "Rivestimento in maiolica realizzato
nell'I.P.A.C. su modelli, disegni ed elaborati plastici di Antonino
Ragona e calchi eseguiti da Giacomo Petralia. Caltagirone 1956".
La
Chiesa di S. Francesco d'Assisi
Fondata nel sec. XIII e distrutta dal terremoto del 1693, oggi si presenta
con un prospetto festosamente barocco realizzato negli ultimi anni del
'600 ed il primo decennio del '700. Doveva avere una cupola, ma essendo
crollata durante la costruzione, rimase solo il tamburo che venne coperto
a guisa di tiburio. Nel prospetto al posto di nicchie, contemplate dall'inziale
progetto, vi furono apposti scudi con simboli mariani, intagliati da
Tommaso Amato e sopra la porta fu collocata la statua marmorea dell'Immacolata
scolpita dallo scultore palermitano Giovanni Travaglia nel 1672. Essa
era posta originariamente su di un piedistallo avanti la chiesa. A fianco
della chiesa sorge il convento che appartenne ai PP. Conventuali ed
oggi è adibito a Vescovado e sede del Seminario. Vi è un ampio chiostro
ricostruito nel primo '700. Vi si conservano pure resti architettonici
dei secoli XIII, XVI e XVII. I primi sono visibili principalmente nell'attigua
sagrestia sulla sinistra dell'abside. Il Campanile fu costruito nel
1852 su disegno dell'arch. Salvatore Marino. La Chiesa ha una statua
lignea di S. Antonio del 1677 rivestita in argento nel '700, tele ottocentesche
dei fratelli Giuseppe e Francesco Vaccaro ed un grande pannello in maiolica
di Antonino Ragona raffigurante il Presepio con S. Francesco di Assisi
in adorazione. La piú antica fiera caltagironese si svolgeva per la
festa di S. Francesco e aveva luogo nel piano di S. Giuliano.
Il
ponte dí S. Francesco D'Assisi
Fu completato nel 1665 sotto la direzione del conventuale Fra Bonaventura
Certò da Messina, su progetto e modello dell'architetto romano Orazio
Torriani fatti nell'anno 1627. É una grandiosa opera di ingegneria
costruita per collegare il piano di S. Giuliano con il convento di S.
Francesco. Quando nel 1766 fu aperta la via Carolina, l'architetto catanese
Francesco Battaglia ampliò l'imboccatura meridionale del ponte con altre
due arcate cieche, collegandolo alla predetta via. Lo stesso architetto
disegnò, nel punto dove furono tagliate le mura della città, il Tondo
Vecchio, destinato alle iscrizioni commemorative e al busto
di Ferdinando Il di Borbone. Detto Tondo Vecchio fu parecchio
modificato dall'architetto G.B. Nicastro sulla fine sec. XIX, in attuazione
di un suo piano di viabilità cittadina.
Il
Carcere Borbonico ora sede del Museo Civico
É
una massiccia ed elegante costruzione in arenaria locale con intelaiatura
di lesene ioniche su di un'alta zoccolatura in bugnato liscio. Ha un
elegante androne ripristinato per nostra insistenza al tempo del sindaco
Alba nella originaria forma. É sede del Museo civico,
dove sono conservati pregevoli cimeli cittadini fra cui lo storico fercolo
di S. Giacomo ed una raccolta di dipinti, fra cui parecchi dei pittori
locali Francesco, Giuseppe e Mario Vaccaro. Ivi si trovano depositate
le pergamene medioevali e moderne della città unicamente alla porta
bronzea del sec. XVI di Giuseppe e Agostino Sarzana, che chiudeva il
loculo dove esse originariamente conservavansi. Al Museo è pure la pisside
argentea del 1588 della scomparsa chiesa della baronia di Camopietro,
che a suo tempo per nostro interessamento fu spegnorata dal Monte
dei Pegni, dove da gran tempo giaceva dimenticata. Nello stesso
museo trovasi esposta una pregevole balestra medievale, riccamente intagliata.
Il
Duomo
É il tempio più ampio della città e nel 1818, a seguito dell'elezione
del Vescovado calatino, fu elevato a Cattedrale. Dedicato a S. Giuliano
sorse in epoca normanna. Fu rimaneggiato in epoca angioina e completamente
rifatto ed ampliato con'oppposto orientamento nel tardo sec. XVI, ad
opera degli architetti Francesco Zaccarella e Simone Gullì, quest'ultimo
messinese. A fianco si ergeva un elevato campanile in stile ogivale
con ingegnosissimo orologio, realizzato da Almirante Liuzzo da Tortorici
nel 1576. Questo campanile, dimezzato dal terremoto del 1542, fu distrutto
da quello del 1693. Il tempio rimasto incompleto nella trasformazione
protrattasi nel pieno Seicento e assai danneggiato dal sisma del predetto
1693, fu sistemato nel primo Settecento con l'intervento di Fra Geniparo
da Siracusa, capo mastro dei fabbri murari di detta città. Le colonne
marmoree destinate a questo tempio a tre navate furono cedute allora
alla chiesa di S. Giacomo e sostituite con altre di pietra bianca, che
poi vennero nascoste nella muratura dei pilastri quando nell'Ottocento,
su disegno di Emanuele Di Bartolo, si pensò di trasformare la decorazione
del tempio, arricchendola di stucchi eseguiti dai maestri Giorgio Munda
e Gaetano Signorelli, quest'ultimo siracusano. All'interno ha dipinti
di Giuseppe e Francesco Vaccaro in quasi tutti gli altari e nella volta.
La statua marmorea della Madonna della Mercede ed il crocifisso in impasto
sono del sec. XVI. Il Cristo morto in legno è scultura ottocentesca
dei fratelli Giuseppe e Francesco Vaccaro. Nel tesoro della chiesa si
conservano preziose argenterie e ricchi paramenti. Nel 1957, in occasione
del rifacimento del pavimento di detta chiesa, furono ivi da noi raccolti
i pregevoli stucchi di epoca normanna, ora conservati nel Museo della
Ceramica. L'attuale prospetto della chiesa è opera dell'architetto caltagironese
Saverio Fragapane, realizzata in stile fioreale nel 1913, mentre il
campanile è opera recente dell'architetto Ugo Tarchi. La statua bronzea
dell'Assunta che lo orna nella parte basamentale, è dovuta allo scultore
Francesco Nagni.
Il
Monte di Prestamo
Oggi sede del Banco di Sicilia, sorge di fronte il prospetto principale
del Duomo. Ha pianta quadrata e colonne corinzie coronate da un largo
cornicione e poggianti su basamento a bugnato liscio. É opera
di Natale Bonaiuto, realizzata nel 1783. Il secondo piano è una recente
e discordante aggiunta dovuta all'architetto palermitano G. Capitò.
La
Chiesa ed il Collegio dei Gesuiti
Furono costruiti a totali spese della città a cominciare dall'anno 1571.
Nell'interno della chiesa Antonuzzo Gagini vi scolpì tutti i capitelli
corinzi delle lesene. Il prospetto originario, crollato nel terremoto
del 1693, fu rifatto nel primo Settecento in uno stile pacato ma animato
da effetti chiaroscurali, dati dalle nicchie e dalle statue in esse
contenute. É ad unica navata con profonde cappelle. Nel terzo
altare a sinistra è la pregevole tela di F. Paladini raffigurante la Deposizione. In corrispondenza, nella parte opposta, è
la tavola della Natività di Deodato Guinaccia, allievo
di Polidoro Caldara. La grandiosa macchinetta lignea dell'altare maggiore
fatta nel 1606, intelaia una grande tela della Circoncisione,
opera coeva attribuita al palermitano Paolo Bramè. Nell'altare a destra
dell'abside è una tela del messinese A. Barbalonga, raffigurante S.
Francesco Saverio, e di fronte è il ricco altare barocco con colonne
tortili in marmo mischio, completato nella parte superiore con stucchi
di Giuseppe Capizzi da Regalbuto nei primi del '700. Il dipinto di quest'altare
dedicato a S. Ignazio riproduce l'incisione del frontespizio dell'opera
storica di Daniello Bartoli. La cantoria e le due tribunette intagliate
ed indorate furono realizzate dallo scultore messinese Giuseppe d'Inga
nel 1632. Il pulpito, anch'esso intagliato, fu finanziato dalla Città
nel 1623. Del Collegio conservasi su via Studi un ricco portale in arenaria
portante in alto lo stemma gesuitico con la scritta CONLEGIUM SOCIETATIS
JESU, ANNO 1614.
Il
Palazzo del Munícipio
Abbandonato
il vecchio Palazzo di Città perchè insufficiente, il nuovo sorse nel
vicino palazzo del Principe di Bellaprima. Esso alla fine dell'Ottocento,
su disegno di sapore neoclassico dell'architetto Gian Battista Nica-
stro, ebbe l'attuale prospetto principale. Quello postico in stile liberty
è dell'architetto Saverio Fragapane. L'ampio scalone fu progettato dall'arch.
Michele Fragapane. L'importante archivio storico che vi si conservava,
ora è passato alla locale Sezione d'archivio di Stato, mentre le pergamene
originali riguardanti i Privilegi della città (la piú
antica è quella di Guglielmo il Malo del 1160) sono state trasferite
al Museo Civico, in attesa di passare pure all'Archivio di Stato.
La
Corte capitaniale
Vi ha sede oggi lo Sporting Club. Fu rimaneggiata nel tardo Ottocento
dall'arch. G.B. Nicastro, che spostò l'originario edificio tardo cinquecentesco
verso la chiesetta attigua del Crocifisso, aggiungendovi al centro una
porta e due finistre. Originariamente metà dell'edificio era stata costruita
per conservarvi gli atti dei notari defunti. Il disegno si deve ad Antonuzzo
Gagini, ma nel 1602, essendo questi morto, l'opera fu continuata e completata
dal figlio Giandomenico Gagini e dal compagno Vincenzo Giarracca nei
primi decenni del '600. Le due iscrizioni marmoree che si vedono nei
riquadri di due dei portali ricordano il luttuoso terremoto del 1693.
Esse trovavansi ai fianchi del Palazzo di Città che sorgeva al posto
dell'attuale Galleria "Luigi Sturzo". Quest'ultima è stata
recentemente ricavata sventrando l'abbandonato Teatro Garibaldi,
opera ottocentesca nel prospetto principale dell'architetto Salvatore
Marino, e nei due fianchi dell'architetto palermitano G. Di Bartolo.
La parte postica è opera del nostro secolo dell'architetto Saverio Fragapane.
Della Galleria "Luigi Sturzo" diremo piú ampiamente in
seguito sotto apposito titolo.
La
Scala S. Maria del Monte
Fu aperta nel 1606 per mettere in diretta comunicazione la parte alta
della città con quella bassa. Vi lavorarono maestranze gaginesche con
a capo Giandomenico Gagini e fu sistemata a piazzettoni dall'architetto
palermitano Giuseppe Giacalone. Verso la metà dell'Ottocento fu progettata
ad unica distesa dall'architetto Salvatore Marino che la portò a 142
gradini. Questa nuova sistemazione fece nascere l'idea di realizzare
secondo disegni progettati la antica informe illuminazione, che soleva
farvisi per le feste patronali. Ideatore ne fu il monaco dell'Ordine
dei Minimi Padre Benedetto Papale, che acquistò grande rinomanza per
i disegni della illuminazione della scala, realizzati con lanterne o "coppi" di tre colori, bianchi, rossi e verdi. Anni addietro
la Scala è stata interamente rifatta e per l'occasione tutte le alzate
dei gradini sono state rivestite di mattonelle maiolicate con disegni
ideati e forniti da Antonino Ragona ed eseguiti dai ceramisti ex allievi
dell'Istituto d'Arte, G. Aqueci, F. Judice, N. Porcelli. Rivivono nei
gradini i motivi decorativi usati dalla ceramica siciliana, e in particolare
caltagironese, dall'avvento dei musulmani al sec. XX, e costituiscono
la piú grande attrattiva per i turisti, che incuriositi dalla sempre
varia decorazione ascendono volentieri la lunga scala fino in cima.
Nella prima alzata maiolicata, entro cartigli, leggonsi le due seguenti
iscrizioni: MOTIVI DECORATIVI ISOLANI DAL SEC. X AL SEC. XX RACCOLTI
ED ADATTATI DA ANTONINO RAGONA A.D. MCMLIV; GESUALDO AQUECI FRANCESCO
IUDICE NICOLA PORCELLI PRESSO L'ISTITUTO PRO ARTIGIANATO CERAMISTICO
"L. STURZO,, ESEGUIRONO NELL'ANNO 1954.
La
Chiesa di S. Maria del Monte o ex Matríce
É situata al termine della scala omonima. Nel piazzale antistante
si svolgono le rampe che portano nella parte piú alta della città, dove
sorgeva l'antico castello ed ora l'ex Istituto Salesiano di S. Agostino.
Al principio di dette rampe trova posto il policromo pannello maiolicato,
dipinto da Antonino Ragona, raffigurante l'epopea medievale dei mille
prodi caltagironesi che combatterono sotto le insegne del Conte Ruggero
normanno nel 1076 e, vittoriosi, consegnarono la campana della espugnata
rocca di Judica alla Chiesa Madre. L'antico tempio di origine bizantina
fu completamente distrutto dal terremoto del 1693. Si perdette il prevegole
tetto trecentesco a grosse travature dipinte con scene dell'Antico Testamento
unicamente alle ricche ornamentazioni gaginesche fatte a spese della
Città nel primo Seicento. Ugualmente fu atterrato dal violento sisma
il meraviglioso campanile trecentesco a loggiati in pietra di vario
colore e pianta triangolare. Detto campanile era stato fortemente danneggiato
dal terremoto del 1542 e in occasione del restauro fatto a pubbliche
spese, la Città aveva fatto porre ai merli di coronamento del lato meridionale
le proprie insegne: un'aquila gigantesca con lo scudo genovese nel petto
e sotto la scritta : "RENOVATA VETUSTAS" con i nomi dei giurati
del tempo. Nell'antico tempio avevano trovato sepoltura Gualtiero di
Caltagirone e tre vescovi: Giovanni Burgio, Giacomo Umana e Paolo Faraone.(')
L'attuale chiesa è opera della seconda metà del '700 degli architetti
Francesco e Paolo Battaglia, padre e figlio, catanesi. Il massiccio
ed imponente campanile fu realizzato da Natale Bonajuto su disegno del
palermitano Giuseppe Venanzio Marvuglia. All'interno della chiesa si
conservano una statua marmorea gaginesca quattrocentesca della Vergine
col Bambino e l'immagine su tavola della Conadomini, pittura luechese
del sec. XIII. Le pale d'altare ed i quadri della volta sono dei fratelli
pittori Giuseppe e Francesco Vaccaro. Nel tesoro della chiesa sono pregevoli
arredi sacri, fra cui un ricco ostensorio del sec. XV.
La
Chiesa di S. Bonaventura
Ha l'abside riccamente affrescata del primo Settecento e vari dipinti
seicenteschi sugli altari delle cappelle, fra cui due del pittore Vincenzo
Ruggeri da Caltanissetta. Pregevoli sono gli intagli lignei della sacrestia
e dell'altare maggiore: in quest'ultimo è pure un vistoso paliotto seicentesco
dipinto ad encausto. Nel terzo altare di destra è un bel crocifisso
di Fra Umile da Petralia. Ornano il prospetto due eleganti targhe maiolicate
ottocentesche del ceramista Giuseppe Di Bartolo.
La
Chiesa del Purgatorio
Ai piedi della Scala si diparte in direzione orientale la via Due luglio,
oggi intitolata a Luigi Sturzo. A principio di detta via, a destra,
è la chiesa della Madonna degli Angeli, comunemente detta
del Purgatorio. É opera dei tardo Settecento del
locale architetto, Carlo Maria Longobardi. Nell'altare maggiore è una
grandiosa tela attribuita ad Epifanio Rosso, datata 1649. Negli altari
laterali sono buone tele ottocentesche dei fratelli Giuseppe e Francesco
Vaccaro.
La
Chiesa dí S. Chiara
Di fronte alla breve discesa a fianco della chiesa del Purgatorio sorge la chiesa settecentesca di S. Chiara con movimentato prospetto
ricco di motivi scultorei. Ha pianta lievemente ellittica ed armonica
con ricco pavimento maiolicato, recentemente rifatto. É opera
dell'architetto siracusano Rosario Gagliardi, che disegnò anche la chiesa
di S. Giuseppe, pure a pianta centrale, ai piedi della
Scala ex Matrice. A fianco della chiesa di S. Chiara sorgeva
il monastero delle clarisse, ora occupato dall'edificio dell'ex officina
elettrica, in stile liberty, dell'architetto Ernesto Basile.
La
Chíesa del SS. Salvatore
Proseguendo per la via L. Sturzo, al centro di un piccolo largo alberato,
a destra, si incontra la chiesa dell'ex monastero delle benedettine
del SS. Salvatore. Ha un prospetto di una ricca e piatta decoratività
animata in alto da traforature, con grande finestra sul portale. Lo
stile è quello che si riscontra nella superstite torre campanaria di S. Gregorio, altro ex convento delle benedettine, opera
del locale architetto D. Nicolò Commendatore, realizzata nel 1743. La
chiesa del SS. Salvatore all'interno è a pianta centrale
e ha eleganti stucchi e altari in marmo eseguiti dai catanesi Giovanni,
Carlo e Ignazio Marino. Sull'altare di sinistra è la statua marmorea
della Madonna di Monserrato del 1526, attribuita a Antonello
Gagini e nell'altare maggiore una tela di Marcello Leopardi romano,
raffigurante la Trasfigurazione. Presso la stessa chiesa
di recente sono state deposte le ceneri di D. Luigi Sturzo. L'elegante
avello dell'illustre sociologo, scolpito dal Nagni, è stato sistemato
infatti in un attiguo mausoleo progettato dall'architetto Ugo Tarchi.
La
Chiesa del Rosario
Sorge di fronte e chiude il lato opposto del largo SS. Salvatore. Al
contrario della predetta chiesa, ha un prospetto con architettura molto
aggettante. La costruzione fu completata sulla fine del Settecento su
disegno dell'architetto caltagironese Carlo Maria Longobardi. All'interno
ha una statua marmorea di Antonino Gagini del 1542, che in origine appartenne
alla confraternita del Rosario della chiesa parrocchiale di S. Giorgio.
Il pregevole pavimento in maiolica settecentesca a largo disegno del
ceramista Ignazio Campoccia che l'ornava, nel recente rifacimento della
chiesa in gran parte è stato da noi salvato e collocato nel Museo della
Ceramica.
La
Chiesa dí S. Gíorgio
Trovasi al termine della via L. Sturzo. Dell'originaria costruzione
eretta dai Genovesi è rimasto ben poco. Il soffitto è decorato di affreschi
settecenteschi del palermitano Bernardino Bongiovanni. Nel terzo altare
di sinistra è la tavola della Trinità, pregevolissima
opera attribuita a Roger Van der Weyden. La tela raffigurante S. Marco
collocata a sinistra dell'abside è firmata dal pittore netino Epifanio
Rosso, e porta la data 1652. La torre campanaria, crollata nel terremoto
del 1693, fu ricostruita nelle vecchie linee e conserva le originarie
bifore entro grandi monofore con archivolto su un impianto massiccio
e severo coronato da merli. Oltre alle chiese predette, sulla via Luigi
Sturzo, si affacciano pure la Palazzina Cusumano, in terracotta
di stile floreale, realizzata da Enrico Vella e l'ex Ospedale
delle donne con prospetto dell'arch. G.B. Nicastro e terrecotte
dello scultore Giuseppe Failla.
L'Istítuto
Statale d'Arte per la Ceramica
Sorge sul luogo dell'antico monastero delle benedettine di San Gregorio,
a fianco della svettante torre campanaria settecentesca, la sola superstite
dell'antica costruzione. In un grande salone dotato di moderne vetrine,
l'Istituto presenta la sua mostra permanente di pregevoli ceramiche
create dagli allievi nel corso degli anni.
La
Chiesa di S. Giacomo
Al termine della via Vittorio Emanuele si trova la chiesa di S.
Giacomo Protettore della città. Fu eretta, come è stato concordemente
tramandato, dal Conte Ruggero normanno nel 1090. Crollata per il terremoto
del 1693, fu per prima riedificata su linee dell'architetto agrigentino
Simeone Mancuso (detto dal Polizzi "lo mastro") e dal
maestro, pure agrigentino, Michelangelo Narbone, sull'originaria pianta
del sec. XI. Le sue massicce colonne marmoree, originariamente destinate
alla chiesa di S. Giuliano, furono trasportate in loco
dal maestro palermitano Francesco Gaspa. All'interno conserva diverse
pregevoli opere di Antonuzzo Gagini, come il portale del Reliquiere nell'ala sinistra del transetto, l'arco della cappella del Sacramento,
al centro della navata sinistra. Ivi in apposito loculo è pure l'arca
argentea delle reliquie di S. Giacomo, pregevolissima opera di Nibilio
e Giuseppe Gagini. La parte inferiore di detta opera fu completata nel
1646 dall'argentiere caltagironese Giammichele Ancona, allievo di Giuseppe
Capra, pure calatino. Sopra un elegante fercolo, fedelmente rifatto
in bronzo nel 1964 sull'originario intagliato nel 1598 da Scipione di
Guido, è la statua di S. Giacomo di Vincenzo Archifel del 1518. Il fercolo
antico si conserva oggi al Museo Civico, essendo noi riusciti a impedirne
la vendita. L'attuale campanile, coronato da statue in terracotta di
Giuseppe Di Bartolo, è opera ottocentesca dell'architetto calatino Gaetano
Coniglio. Coevi sono gli stucchi della chiesa disegnati dall'arch. Gesualdo
Montemagno ed eseguiti dai maestri Giuseppe ed Amedeo Fantauzzi da Barrafranca.
Il quadrone in stucco col sacrificio di Isacco, distrutto dal bombardamento
del 1943, è stato rifatto su nostro disegno. Nell'abside si conservano
due tele scampate al terremoto del 1693: il Martirio di S. Giacomo
attribuito al Paladini e la Madonna d'Odigitria ritenuta
dello Zoppo di Ganci. Fin dal 1518 in occasione della festa nel piazzale
antistante alla chiesa si svolgeva una importantissima fiera dove affluivano
le piú varie mercanzie locali e forestiere, fra cui i caratteristici
fischietti in terracotta, di cui si ha la prima documentata notizia
nel 1660. Apposite logge costruite dalla chiesa accoglievano le merci
anzidette.
La
Chiesa di S. Pietro
É assai caratteristica per il suo prospetto goticheggiante rivestito
in maiolica polieroma. Fu questo realizzato nel 1856 su disegno dell'architetto
caltagironese Gaetano Auricchiella e con maioliche fornite dal maiolicaro
Giacomo Arcidiacono. All'interno, nella volta, ha dipinti di Giuseppe
Vaccaro e sugli altari due statue in terracotta, una settecentesca raffigurante
l'Ecce Homo, opera di Angelo Mirasole, e l'altra recente di Antonino
Ragona, dal titolo "Regina pacis". L'esterna porta in bronzo
è opera di Gaetano Angelico.
La
Chíesa dei PP. Cappuccini
É l'unica costruzione salvatasi dal terremoto del 1693. Ad unica
navata e assai semplice nel prospetto, conserva all'interno la grande
pala di Filippo Paladini del 1604 raffigurante la Madonna d'Odigitria.
Del Paladini sono pure due piccole tele, collocate anch'esse nella macchinetta
lignea dell'altare maggiore, raffiguranti a mezzo busto S. Agata e S.
Lucia. La prima cappella di sinistra conserva il ricco reliquiario fatto
eseguire da P. Innocenzo Marcinò, insieme ai dipinti di Fra Semplice
da Verona, ivi collocati. La statua in terracotta dell'Addolorata nel
secondo altare di sinistra è opera moderna di Antonino Ragona.
La
Galleria Luigi Sturzo
Il vecchio Palazzo di città abbandonato veniva nel 1823 trasformato
in Teatro comunale su linee dell'architetto Salvatore Marino. La Galleria
Luigi Sturzo è nata dallo sventramento di detto Teatro, operato
su progetto dell'ingegnere A. Del Bosco, palermitano. Essa è divenuta
luogo di esposi- zione di ceramiche e di incontro di quanti frequentano
le vicine piazze. All'interno decorano le pareti della Galleria i pannelli
maiolicati raffiguranti i principali uomini illustri caltagironesi,
dipinti da Antonino Ragona; il grande pannello, pure in maiolica, di
Pino Romano, raffigurante l'espugnazione della Rocca di Judica ed i
mosaici di Mario Delitala raffiguranti le attività artiginali caltagironesi.
1 due parapetti delle due logge interne sono rivestiti in maiolica con
motivi a trofei su disegni di Antonino Ragona. Sugli scudi sono raffigurati
stemmi delle dominazioni isolane.
La
Chíesa di S. Maria di Gesù
Sorge al termine della via omonima che ha inizio ai piedi del Giardino
Pubblico. Ha un tetto a capriate e cassettoni con rosoni. La volta dell'abside
e le pareti superiori della navata sono decorati con affreschi del pittore
palermitano Bernardino Bongiovanni firmati e datati 1755. Nelle ultime
due cappelle di sinistra conserva rispettivamente la pregevole statua
marmorea della Madonna della Catena di Antonello Gagini,
ed il dipinto del primo Seicento di S. Antonio di Padova di Giovanni Portalone. Nel primo altare, sempre di sinistra, è un dipinto
coevo di Giovan Battista Baldanza da Militello, che fu soprattutto valentissimo
intagliatore in legno. A fianco della chiesa è l'ampio chiostro del
Convento dominato dall'elegante cuspide maiolicata del campanile della
chiesa. Sul prospetto del convento è il portale ogivale del 1422, appartenente
all'originaria chiesa ampliata nel sec. XVII, e un balcone seicentesco
di stile gaginesco ivi collocato recentemente, proveniente dalla villa
Fanales, una volta sorgente sul poggio S. Secondo, detto anche poggio
Fanales.
Cimítero
monumentale
É opera in stile gotico di grande impegno artistico realizzata,
su disegno dell'architetto G.B. Nicastro, sulla fine dell'Ottocento.
Vi collaborarono valenti plasticatori ed intagliatori locali come Giuseppe
Di Bartolo, Gioacchino Ali, Enrico Vella, Giuseppe Nicastro, Giuseppe
Sinatra. Il monumento ancora è incompleto. |